Tanti anni fa, era l’8 ottobre del 1979,
alcuni di noi, tutti aderenti a Rinascita Cristiana, su sollecitazione
dell’indimenticabile Lino Di Domenico, ma soprattutto dopo una serie
d’incontri con persone ricoverate in ospedale, hanno deciso di
costituire un’associazione di volontariato che si occupasse dei malati
in ospedale.
Ovviamente le motivazione non sono state unitarie. Per
alcuni l’adesione ha trovato la sua giustificazione ideologica nella
fede cristiana e quindi nella convinzione che la ricerca del volto di
Cristo passi attraverso la ricerca del fratello sofferente; per altri
nella convinzione che i doveri del cittadino comportino partecipazione
nella gestione di alcuni servizi fondamentali, con conseguente
assunzione dei rischi che ne possano derivare.
Ci si è trovati tutti d’accordo nel ritenere che il senso ed il
valore della vita passino attraverso la solidarietà non come astratta
ideologia politica o pedagogica, ma come esigenza di condivisione, come
presenza umana.
Per queste peculiari motivazioni l’associazione si è proposta, sin
dall’inizio, di essere indipendente, apolitica ed aconfessionale, aperta
a tutti, senza distinzione di mezzi e di religione con il solo
obiettivo di coordinare gli sforzi di quel gruppo di persone che
volevano essere vicine al malato ospedaliero per rendere meno
traumatizzante il suo ricovero e la sua degenza.
L’ospedale, infatti, come d’altro canto molte strutture operanti nel
settore sociale, tendono a risolvere i problemi dell’ammalato o delle
persone bisognose con risposte che, in nome di una sempre maggiore
efficienza e tecnicizzazione, portano spesso sempre all’emarginazione
ed all’isolamento.
Compito del volontario ospedaliero è d’interessarsi dell’aspetto
umano del malato, delle sue ansie, delle sue speranze, cioè di quel
complesso di tematiche che, sorte con il ricovero del paziente, restano,
tuttavia, estranee alle terapie che vengono praticate ed alla stessa
impostazione tecnica della struttura ospedaliera.
Nel corso del tempo la nostra associazione, che già operava
attraverso alcune nostre iscritte, presso la casa di riposo, ha
ritenuto di estendere la sua attività anche presso la RSA nella
convinzione che l’anziano ammalato e non più autosufficiente rappresenti
un momento della nostra vita, una fase palpitante e viva della
società dei sani con la quale ha il diritto di convivere e non già un
peso da abbandonare nelle apposite strutture socio-sanitarie.
L’assistenza ai malati, sia che essa venga praticata da un medico, da
un infermiere o da un volontario, è, fondamentalmente, una relazione
interpersonale nella quale un operatore aiuta un’altra persona a
risolvere una situazione di sofferenza dovuta a malattia. Lo scopo,
dunque, dell’assistenza è l’aiuto. Per questo sono state definite queste
professioni o attività come una relazione di aiuto.
Certamente le persone che maggiormente sono in grado di trasmettere
speranze al malato sono quelle che conoscono la propria fragilità e che
sono per prime passate attraverso qualche sofferenza.
In ogni caso perchè il rapporto tra il volontario e l’ammalato si
traduca in una relazione di aiuto sono necessarie alcune condizioni
che, per come ci ha insegnato, padre Donato Cauzzo, possono essere
sintetizzate in alcune parole-chiave: la coerenza, l’ empatia, la
considerazione positiva del malato.
Per approfondire il significato di queste condizioni abbiamo
organizzato una serie di corsi che ci hanno consentito di capire che in
tanto si può trasmettere speranza alle persone che soffrono , in quanto
si conosce la propria fragilità ed il dolore.
Attraverso la relazione di aiuto ciascuno di noi si è arricchito
acquisendo una visione diversa della vita e dell’importanza della
solidarietà.
Recentemente la nostra associazione, che è iscritta nelle ONLUS, ha deciso di aderire alla FEDERAVO ed all’AVO REGIONALE.